giovedì 13 ottobre 2011

Necrologio per Steve Jobs

Speriamo che Steve Jobs si sia portato nella tomba anche il suo motto d’ordine: “stay hungry, stay foolish”. Esso non è che la versione incantata, ad usum babbioni, del dispositivo a doppio scatto che ha governato il neoliberismo: ossia, precarizzazione mobilitante e somministrazione dello sbraco. Ne è più precisamente la versione ideologica, nella misura in cui occulta la sostanza di dominio in esso inscritto, proponendone un’inquadratura in soggettiva, facendolo passare, vale a dire, per una disposizione personale e non per un imperativo sistemico politicamente instillato, quale esso è.

Sotto questo profilo, il conservatore Ronald Reagan è di gran lunga preferibile al progressista Steve Jobs. L’ex presidente cowboy, per lo meno, sapeva dire pane al pane e riassumeva il senso della sua politica con il celebre: “starve the beast!” (affama la bestia). Affinché i suoi concittadini si rimettessero mogi mogi al servizio del Capitale, occorreva ridurli alla fame, farne degli straccioni pronti ad obbedire a chiunque agitasse loro davanti un pezzo di pane. E quindi via con l’abbattimento dei diritti, delle tutele, di ogni forma di preservazione di una vita dignitosa. Si sbaglia chi pensa che la precarietà sia un effetto perverso, non voluto, della ristrutturazione post-fordista: essa è frutto di una politica deliberata, una politica, appunto, di precarizzazione mobilitante.
Dire “stay hungry”, in questo contesto, è come gridare al naufrago, dal ponte del proprio yacht, “dài, fatti una bella nuotata”. E’ il cachinno beffardo dell’aguzzino.

Ma la precarizzazione, da sola, non basta. Per poter sopportare la sua condizione di bestia affamata, il soggetto deve uscir fuori di testa, deve sbroccare, abbandonare la coscienza di sé e del mondo. Per questo gli si apparecchia attorno un florilegio di piste da sballo. E ce n’è per tutti i gusti. Dallo sbraco sessuale all’integrismo religioso. Dalla festa televisiva agli “incanti della rete” (cfr. Formenti). L’importante è stare sempre estroflessi, fuori di sé(nno), a far spreco di sé. Dépense privata, la chiamava Bataille. Perciò, come dice il guru, stay foolish. “Statti pazzo, dovessi accorgerti di qualcosa …”.

Ma la sorprendente sollevazione popolare contro il manifesto funebre di Sel Roma in onore di Jobs fa ben sperare. Fino a qualche mese fa, nessuno ci avrebbe fatto caso. “Stay hungry, stay foolish” era, nei fatti, la stella polare di una certa, nuova sinistra. La narrazione evidentemente non tira più. Quel mondo incantato cui si alludeva sta franando miseramente e i suoi cantori cercano disperatamente di salvarsi esibendosi in repentine quanto patetiche retromarce, nonché mandando al macero, come sempre fa il Potere, delle presunte mele marce. Adius, Jobs!