lunedì 28 novembre 2011

La politica culturale e l’umiltà del bene

Ne L’umiltà del male, Franco Cassano denuncia l’aristocratismo etico dei migliori, capaci di coltivare un’idea alta ed esigente di bene, ma al tempo stesso sempre più disinteressati alla sorte della maggioranza degli uomini, ceduti alle grinfie dei peggiori. L’imputata latente è la sinistra, che ha rinunciato da tempo a far diventare “senso comune” la propria idea di bene, rinchiudendosi nella contemplazione di una presunta superiorità morale.

Ci chiediamo se non sia il caso di ribaltare la tesi. Più che da un complesso di superiorità, la sinistra sembra affetta da un eccesso di umiltà. Dall’umiltà del bene, potremmo azzardare. Nei giorni scorsi, Bari Partecipa ha promosso un’iniziativa che ha fatto luce non soltanto sulle “politiche culturali” a Bari e in Puglia, ma soprattutto sulle “culture politiche” della sinistra odierna. Secondo l’assessora al ramo della Regione Puglia, Silvia Godelli, le istituzioni non devono promuovere una determinata politica culturale; devono invece limitarsi a creare le condizioni affinché tutti gli operatori possano esprimersi. Per questo, ella ha gestito le risorse secondo la logica imparziale dell’amministrazione di condominio, con manageriale neutralità. (Se così è, non si capisce perché mai, per espletare questa funzione, debbano essere convocate delle democratiche elezioni, perché gli amministratori debbano essere espressione di governi sostenuti da “partiti” politici, perché non si debba, invece, in ossequio a questo principio, nominare per ciascun settore un tecnico i cui requisiti di competenza siano stabiliti ex ante da un regolamento e magari, laddove possibile, sostituire il tecnico con un calcolatore elettronico per essere certi della sua imparzialità).

Quanto affermato dalla Godelli ha una doppia implicazione: 1) la politica culturale non ha come destinatario privilegiato il popolo (se non in maniera indiretta), ma gli operatori culturali; 2) promuovere una determinata idea di bene è ormai considerato (a sinistra) un abuso, una forma illegittima d’imposizione di un singolo punto di vista alla generalità. Talmente umili da farsi fuori, insomma. Non si tratta solo di una banale assunzione di alcune dosi di liberalismo, ma di una rinuncia alle ragioni stesse dell’esistenza di una sinistra. Essa, infatti, nasce intorno all’idea del cambiamento dello stato di cose presenti. Per fare questo occorre come minimo avere un’idea di “bene” verso cui tendere e poi intraprendere una lotta per l’affermazione di questa idea a scapito dell’esistente. Se invece l’obiettivo è semplicemente lasciare che ciò che esiste si esprima pienamente, se le singolarità presenti vengono considerate perfette così come sono, allora l’idea stessa di sinistra non ha più alcun senso. E’ un abuso lottare per la promozione di una propria idea di bene? Ergersi a maestri? Tanto vale ritirarsi a vita privata.
Ovviamente, le “forze del male” (per restare nella logica cassaniana) non restano certo a guardare. Esse non rinunciano affatto a fare egemonia, soprattutto se il campo viene lasciato sgombro. La loro umiltà è d’altro tipo: conoscono le debolezze degli uomini e vi indulgono per accaparrarsene il favore. Mai per intraprendere percorsi collettivi di emancipazione.

Questo, per carità, non impedisce di riconoscere che l’impostazione della Godelli abbia sortito nel nostro contesto effetti lusinghieri. Essa, poi, ha il pregio della chiarezza: ciascuno può valutare la corrispondenza tra l’intento e gli esiti. Quello che forse più preoccupa è la reazione interna alla sinistra stessa che una simile impostazione finisce per generare. Una reazione della quale ha dato buon saggio Michele Emiliano, nella stessa occasione. Una volta “neutralizzata” la cultura (e il nostro Sindaco è andato in questo senso ben oltre la Godelli, giungendo persino a cancellare il relativo assessorato e rendendone dunque opaca la gestione), essa rinasce immancabilmente per via “putiniana”. Diventa cioè un giocattolo ad uso della grandeur del potente di turno. La differenza è che quella di Putin è una grandeur fondata (sul gas e sull’economia criminale), mentre quella che Emiliano ha illustrato (l’apertura in città di una costellazione infinita e a sfruttamento intensivo di spazi per la cultura ora serrati, dal Piccinni al Kursaal, passando per la Rossani ecc.) ha fondamenta di realtà a dir poco traballanti, dal momento che non ci sono nemmeno i soldi per la prima al Petruzzelli. E qui non c’è più traccia di bene, né presuntuoso né umile. Qui la sinistra fa propria, semplicemente, la buona vecchia “umiltà del Male”.