martedì 5 luglio 2011

Come imbrigliare nella rete la libertà di stampa: la ricetta di Emiliano

Scagliarini, della Gazzetta del Mezzogiorno, ha dato notizia dell’assunzione da parte del Comune di Bari di un dietista ultrasessantenne pensionato, osando mettere in rilievo, al proposito, che il Sindaco, giusto qualche mese prima, aveva gridato allo scandalo contro l’Università di Bari per la messa a contratto di un altro “vecchio”, ultrasettantenne pensionato. Le ragioni che il Comune ha addotto a difesa della scelta sono tutto sommato valide. Ma sono esattamente le stesse ragioni che potrebbero valere mutatis mutandis per l’Università. Il giornalista, insomma, ha fatto nient’altro che il suo mestiere, smascherando il carattere strumentale di certe uscite. Per questo Emiliano, via Facebook, lo ha insultato (“perfido”, “scrive sciocchezze… assurde malignità”) e diffamato (“incaricato chissà da chi di perseguitare il sindaco di Bari”, “professionalmente scorretto”).

Ora, al di là del merito della vicenda, è interessante riflettere sull’argomento di carattere generale che il Sindaco ha adoperato contro la carta stampata. Ossia, quella che potremmo definire la via nuovista alla censura.
“I giornalisti della Gazzetta – ha digitato Emiliano, sempre su Facebook - pretendono di scrivere quello che gli pare senza avere repliche dello stesso tenore… Non sono abituati alla democrazia interattiva del web 2.0… Sono fuori dal tempo e dunque é questo il motivo per il quale sempre meno sono i lettori dei giornali”.
Al netto delle palesi falsificazioni (il Comitato di redazione della Gazzetta e l’Ordine dei Giornalisti non hanno certo reagito al “diritto di replica” del Sindaco, ma solo e giustamente agli “insulti” e alle esternazioni diffamatorie nei confronti dell’autore dell’articolo), l’argomento è chiarissimo: l’attività giornalistica, afferma implicitamente Emiliano, è in sostanza illegittima poiché non accetta di dispiegarsi su quel piano orizzontale allestito dalla rete e, in particolare, dai social network, nel quale tutti i parlanti sono “uguali” e le esternazioni di ciascuno sono immediatamente esposte alla discussione collettiva.

Questa tesi contiene diverse insidie. Innanzi tutto, risuona in essa il dogma che i pidiellini utilizzano in Rai come clava contro qualunque operatore dell’informazione che osi dire la verità. Se uno si azzarda a comunicare in Tv che la disoccupazione è aumentata, occorre immediatamente estrarre dal cilindro qualcun altro che sostenga il contrario o che discolpi il Governo sulla vicenda. E’ il principio de “il pluralismo in una sola notizia” (declinabile all’infinito: in un solo programma, in un solo articolo ecc.). In questo modo si ottiene la scomparsa della realtà. Ogni fatto è suscettibile di smentita. Ogni argomento ha il suo contrario. Ossia, l’assoluta reversibilità del senso. Le speculazioni filosofiche postmoderne vengono qui adoperate a fini di speculazione politica. Si fa finta di ignorare che il pluralismo è tale solo se si realizza a livello di sistema e non imponendo al singolo operatore la sostituzione del proprio punto di vista con la messa in scena di tutti i punti di vista possibili. L’articolo di Scagliarini sarà pure malizioso, ma è un punto di vista legittimo, privo di falsità e calunnie. Emiliano vuole forse farci credere di non avere alcun mezzo per far sentire la propria voce in dissenso?
C’è però qualcosa di ancor più insidioso nell’argomentazione del Sindaco. L’idea che il “quarto potere” sia out e debba essere ridotto allo stato di melassa feisbukiana. Lungi da me il proposito di difendere la stampa odierna, che come tutti i poteri è luogo di somma ambivalenza. Ma senza quel potere, i punti di vista à la Scagliarini, ossia ogni tentativo di mettere sotto controllo le azioni dei potenti, scomparirebbe nella marmellata quotidiana del web. Si guardi al florilegio di commenti che seguono ad ogni post di un politico su Facebook (da Emiliano a Vendola). E’ un’esplosione informe di schegge di pensiero che finiscono per seppellire qualsiasi contenuto di senso, anche il più saggio e degno di riflessione. Tutto si equivale perfettamente: delirio e rancore, apprezzamenti e critiche, apologia e saggezza.

Il guaio ulteriore è che questa orizzontalità è del tutto illusoria. Emiliano fa finta di non sapere che lui è il Sindaco di Bari. E il fatto che egli usi Facebook non azzera per niente il differenziale di potere che lo separa dai suoi concittadini-fan (anzi, lo incrementa e lo alimenta quotidianamente). Egli vorrebbe che anche Scagliarini scendesse dal piedistallo della Gazzetta: nei confronti del giornalista di turno Emiliano intende ripristinare la stessa distanza incolmabile di potere che lo separa dai suoi fan, per sotterrarne gli scritti sotto le macerie prodotte dalla massa. Più precisamente, egli desidera trasformare un “potere” in una “libertà personale”: la maniera più democratica e politicamente corretta per anestetizzare una forza avversa.

Gli aspiranti caudillo della post-modernità sanno bene che la censura non funziona più (del resto, non avrebbero i mezzi istituzionali per esercitarla). La forma più efficace di esercizio della repressione consiste oggi paradossalmente nel favorire lo scatenamento libertario (i capitalisti l’hanno capito con largo anticipo). Di fronte a questo, i tradizionali presidi vengono disegnati come ostacoli fuori tempo. I giornali perdono lettori? Tanto vale abolire la libertà di stampa. I partiti sono in crisi? Tanto vale abolire la democrazia. Nessuna repressione, ovviamente. Basta disseminare l’illusione che, una volta azzerate queste entità, i cittadini potranno esercitare direttamente, senza mediazioni, la libertà di espressione e il governo della cosa pubblica. In realtà, l’unica cosa che viene azzerata è proprio la sovranità dei cittadini.