giovedì 21 luglio 2011

Giovani, donne e movimenti schiacciati tra leaderismo e partecipazionismo

Giovani, donne e movimenti di cittadinanza attiva vengono blanditi quotidianamente e da ogni parte. Soggetti deboli, senza potere e, al contempo, risorse preziose di creatività, di pratiche virtuose, di innovazione della politica e della società, da sempre poco valorizzati nel nostro ingrato paese. Tutti concordano sul fatto che debbano “contare di più”, che debbano accedere ai posti di comando o, al peggio, ricevere maggiore ascolto da parte della politica. I governi nati dalla primavera pugliese, in particolare, si piccano di essere all’avanguardia nella loro valorizzazione, ma ogni volta che questi soggetti reclamano spazio i nodi veri giungono al pettine e i leader della primavera sbottano, perdono la pazienza, lasciando intendere che il deficit di riconoscimento è imputabile esclusivamente a loro (ai soggetti deboli). Emiliano è, comme d’habitude, molto più sfacciato nei rimproveri: qualche settimana fa ha bacchettato i superstiti dell’Emilab a loro dire traditi dal Sindaco che non avrebbe mantenuto le sue promesse pro-giovani e più di recente ha preso di mira le donne che pretendevano, sulla scia della condanna inflitta ad Alemanno, una più adeguata rappresentanza in giunta. A entrambi ha detto, traducendo in soldoni: ‘ciò che conta sono i voti. Se voi non li avete perché dovrei commettere l’abuso di rappresentarvi a scrocco della sovranità popolare. Non sarebbe democratico. Se volete essere rappresentati, andate a guadagnarvi i voti. La competizione è aperta’.

Lo stile di Vendola è differente. Lui, l’abuso, in nome delle donne, dei giovani, dei movimenti, lo commette volentieri, rappresentando loro oltre il dovuto al governo e al sottogoverno, nonché nei tavoli di concertazione politica e legislativa. A fin di bene, s’intende, e sacrificando all’occorrenza coloro che i voti se li sono conquistati per davvero. Ma anche il Governatore, quando si giunge al sodo, sbotta. Si veda il caso della ripubblicizzazione dell’Acquedotto Pugliese. Ai movimenti coinvolti nel tavolo tecnico per l’elaborazione della legge non sono andati giù alcuni fondamentali emendamenti dell’ultim’ora. Talché, Nichi Vendola ha preso carta e penna per spiegare agli infanti della società civile che governare è cosa complessa, che la loro “etica della convinzione” è insufficiente, che essi hanno una visione semplificata dalla realtà a cui lui deve porre rimedio con una superiore “etica della responsabilità”. Insomma, è esclusivamente lui – che ha i voti – a decidere in ultima istanza se e fino a che punto la voce dei movimenti può essere ascoltata. Sempre in nome dell’interesse generale, s’intende.

La questione di fondo che emerge resta sempre quella dell’egemonia (e se viene lasciata inevasa, l’argomento di Emiliano appare ineccepibile). Come far penetrare le illuminate istanze di questi soggetti nel corpo sociale? Come fare in modo che esse diventino sensibilità comune e si trasformino quindi anche in voti?

Rispetto a questo obiettivo, entrambe le strategie, quella del Sindaco e quella del Governatore, sono evidentemente fuori bersaglio. La mossa vendoliana rimane ad un livello puramente orbitale. Resta intrappolata nella logica dell’octroi di un sovrano illuminato, che d’imperio sceglie di tingere di rosa la sua squadra di governo, di tingere di verde (cioè di riempire di giovani) il sottogoverno e di prestare orecchio di tanto in tanto ai movimenti. Il piano simbolico è sempre importante ma evidentemente non penetra se, in Consiglio Regionale (cioè laddove si esprime la sovranità popolare), donne, giovani e movimenti restano al palo.

Se Vendola si disoccupa di scendere tra i mortali, Emiliano dal canto suo fa finta che là fuori, nel mondo reale, i poteri non esistano e che ci sia invece un’arena neutra, uno spazio liscio nel quale ciascuno compete da pari a pari e il più convincente, il più bravo, il più talentuoso vince. Egli immagina che gli elettori votino ispirati dall’interesse generale, scegliendo i soggetti più idonei a rappresentarlo. Per cui, se giovani, donne e movimenti non hanno i voti è solo colpa loro. Significa che non sono bravi abbastanza. Due forme differenti ma speculari di rimozione della realtà. E agire nella realtà come se si fosse in una favola è sempre la maniera migliore per farsi fottere dai peggiori.

Il sindaco di Bari ha rilanciato il concetto qualche giorno fa proponendo nientemeno di abolire i partiti e la stampa (costano troppo alle casse pubbliche!), per sostituirli con l’accesso ad internet per tutti. Ebbene, eliminare il finanziamento pubblico ai presidi della democrazia equivale a regalare tutto il potere ai potentati economici e/o criminali (soprattutto questi ultimi, alle nostre latitudini), ai quali non mancano certo i mezzi per far valere la propria influenza. In quello spazio liscio vagheggiato da Emiliano, hanno la meglio solo i De Gennaro, i Matarrese, i Berlusconi, per non dire gli Strisciuglio ecc.

L’unica salvezza per i deboli è sempre e solo la politica. Se si rimuove la questione della forza, i forti prendono il sopravvento. Solo aggregandosi e organizzandosi per la difesa delle proprie istanze i deboli diventano forti, non certo liquefacendosi nell’arena indifferenziata della cittadinanza, dove siamo tutti piccole e insignificanti molecole. E’ attraverso l’organizzazione che i deboli possono penetrare nella società e promuovere le loro buone ragioni. Ed è attraverso la legittimazione guadagnata nella società che i deboli possono conquistare le istituzioni per realizzare le politiche a difesa dei deboli. Paradossalmente, sia Emiliano sia Vendola procedono oggi in direzione contraria al rafforzamento di organizzazioni politiche che sappiano stare solidamente nella società e nelle istituzioni. Le picconano con almeno una dichiarazione al giorno. Che sia la strada del leader salvifico o quella del partecipazionismo indifferenziato e virtuale, in cui i cittadini rimangono permanentemente al livello delle grassroots, il risultato è sempre lo stesso: i poteri forti (economici e criminali) continuano a dominare la società. Solo questi, in fin dei conti, possono permettersi il lusso di collocare soggetti appartenenti a categorie deboli dentro le istituzioni (che è la massima forma di ostentazione del potere). E, infatti, l’unica “giovane donna” in giunta a Bari si chiama Annabella De Gennaro. Che sarà certamente bravissima e titolata, sì, ma come migliaia di giovani donne baresi. E’ così che i forti si fanno beffe delle battaglie dei deboli.



martedì 5 luglio 2011

Come imbrigliare nella rete la libertà di stampa: la ricetta di Emiliano

Scagliarini, della Gazzetta del Mezzogiorno, ha dato notizia dell’assunzione da parte del Comune di Bari di un dietista ultrasessantenne pensionato, osando mettere in rilievo, al proposito, che il Sindaco, giusto qualche mese prima, aveva gridato allo scandalo contro l’Università di Bari per la messa a contratto di un altro “vecchio”, ultrasettantenne pensionato. Le ragioni che il Comune ha addotto a difesa della scelta sono tutto sommato valide. Ma sono esattamente le stesse ragioni che potrebbero valere mutatis mutandis per l’Università. Il giornalista, insomma, ha fatto nient’altro che il suo mestiere, smascherando il carattere strumentale di certe uscite. Per questo Emiliano, via Facebook, lo ha insultato (“perfido”, “scrive sciocchezze… assurde malignità”) e diffamato (“incaricato chissà da chi di perseguitare il sindaco di Bari”, “professionalmente scorretto”).

Ora, al di là del merito della vicenda, è interessante riflettere sull’argomento di carattere generale che il Sindaco ha adoperato contro la carta stampata. Ossia, quella che potremmo definire la via nuovista alla censura.
“I giornalisti della Gazzetta – ha digitato Emiliano, sempre su Facebook - pretendono di scrivere quello che gli pare senza avere repliche dello stesso tenore… Non sono abituati alla democrazia interattiva del web 2.0… Sono fuori dal tempo e dunque é questo il motivo per il quale sempre meno sono i lettori dei giornali”.
Al netto delle palesi falsificazioni (il Comitato di redazione della Gazzetta e l’Ordine dei Giornalisti non hanno certo reagito al “diritto di replica” del Sindaco, ma solo e giustamente agli “insulti” e alle esternazioni diffamatorie nei confronti dell’autore dell’articolo), l’argomento è chiarissimo: l’attività giornalistica, afferma implicitamente Emiliano, è in sostanza illegittima poiché non accetta di dispiegarsi su quel piano orizzontale allestito dalla rete e, in particolare, dai social network, nel quale tutti i parlanti sono “uguali” e le esternazioni di ciascuno sono immediatamente esposte alla discussione collettiva.

Questa tesi contiene diverse insidie. Innanzi tutto, risuona in essa il dogma che i pidiellini utilizzano in Rai come clava contro qualunque operatore dell’informazione che osi dire la verità. Se uno si azzarda a comunicare in Tv che la disoccupazione è aumentata, occorre immediatamente estrarre dal cilindro qualcun altro che sostenga il contrario o che discolpi il Governo sulla vicenda. E’ il principio de “il pluralismo in una sola notizia” (declinabile all’infinito: in un solo programma, in un solo articolo ecc.). In questo modo si ottiene la scomparsa della realtà. Ogni fatto è suscettibile di smentita. Ogni argomento ha il suo contrario. Ossia, l’assoluta reversibilità del senso. Le speculazioni filosofiche postmoderne vengono qui adoperate a fini di speculazione politica. Si fa finta di ignorare che il pluralismo è tale solo se si realizza a livello di sistema e non imponendo al singolo operatore la sostituzione del proprio punto di vista con la messa in scena di tutti i punti di vista possibili. L’articolo di Scagliarini sarà pure malizioso, ma è un punto di vista legittimo, privo di falsità e calunnie. Emiliano vuole forse farci credere di non avere alcun mezzo per far sentire la propria voce in dissenso?
C’è però qualcosa di ancor più insidioso nell’argomentazione del Sindaco. L’idea che il “quarto potere” sia out e debba essere ridotto allo stato di melassa feisbukiana. Lungi da me il proposito di difendere la stampa odierna, che come tutti i poteri è luogo di somma ambivalenza. Ma senza quel potere, i punti di vista à la Scagliarini, ossia ogni tentativo di mettere sotto controllo le azioni dei potenti, scomparirebbe nella marmellata quotidiana del web. Si guardi al florilegio di commenti che seguono ad ogni post di un politico su Facebook (da Emiliano a Vendola). E’ un’esplosione informe di schegge di pensiero che finiscono per seppellire qualsiasi contenuto di senso, anche il più saggio e degno di riflessione. Tutto si equivale perfettamente: delirio e rancore, apprezzamenti e critiche, apologia e saggezza.

Il guaio ulteriore è che questa orizzontalità è del tutto illusoria. Emiliano fa finta di non sapere che lui è il Sindaco di Bari. E il fatto che egli usi Facebook non azzera per niente il differenziale di potere che lo separa dai suoi concittadini-fan (anzi, lo incrementa e lo alimenta quotidianamente). Egli vorrebbe che anche Scagliarini scendesse dal piedistallo della Gazzetta: nei confronti del giornalista di turno Emiliano intende ripristinare la stessa distanza incolmabile di potere che lo separa dai suoi fan, per sotterrarne gli scritti sotto le macerie prodotte dalla massa. Più precisamente, egli desidera trasformare un “potere” in una “libertà personale”: la maniera più democratica e politicamente corretta per anestetizzare una forza avversa.

Gli aspiranti caudillo della post-modernità sanno bene che la censura non funziona più (del resto, non avrebbero i mezzi istituzionali per esercitarla). La forma più efficace di esercizio della repressione consiste oggi paradossalmente nel favorire lo scatenamento libertario (i capitalisti l’hanno capito con largo anticipo). Di fronte a questo, i tradizionali presidi vengono disegnati come ostacoli fuori tempo. I giornali perdono lettori? Tanto vale abolire la libertà di stampa. I partiti sono in crisi? Tanto vale abolire la democrazia. Nessuna repressione, ovviamente. Basta disseminare l’illusione che, una volta azzerate queste entità, i cittadini potranno esercitare direttamente, senza mediazioni, la libertà di espressione e il governo della cosa pubblica. In realtà, l’unica cosa che viene azzerata è proprio la sovranità dei cittadini.